Cosciale

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Mio papà è andato via troppo presto, però mi ha lasciato un sacco di cose, tanti ricordi, tanti oggetti, molti racconti.
Uno su tutti però è stato il suo cosciale.
Non c’erano fogli dentro, c’erano solo le pagine di plastica che li contenevano. Era morbido, si piegava ed arrotolava.
Il cosciale si mette sulla gamba, si lega in qualche modo, ogni pilota ha il suo, fatto a suo modo. Chi usa fogli, chi una tavoletta, chi si scrive cose sulle mani o sulla plastica e poi cancella…Ogni pilota ho scoperto che ha il suo modo di scrivere numeri, frequenze radio, rotte, avvicinamenti o procedure.
L’inchiostro delle pagine negli anni poi si è appiccicato alla plastica, e se anche i fogli non ci sono più, qualcosa si intravede ancora nella plastica.
E quel qualcosa racconta di avvicinamenti, di procedure da rispettare nel sottovento, o per avvicinarsi ad un punto, racconta di qualche rotta da seguire e anche di mille circuiti senza senso da doversi ricordare.
Il cosciale è una cosa che hai sempre in mano, ti ricorda cosa devi fare, ti puoi concentrare sul volo, ti puoi godere il panorama, perchè sai che tutte le cose che ti devi ricordare sono scritte proprio li, in quel gruppo di foglietti sulla tua coscia.
E io per anni ho immaginato cosa volessero dire quei segni, cosa fossero quelle rotte, cosa volesse dire ognuno di quei numeri. Ho immaginato quei disegni incomprensibili in mille modi diversi.
Un giorno di ottobre sono atterrato come al solito, ho messo via il mio aereo, ho deciso che dovevo fare un po di ordine, dentro il mio abitacolo c’è un casino.
Ci sono mille penne, ci sono mille fogli, ci sono i giubbotti salvagente, le doppie cuffie, alcuni cavetti, il copri cappottino, gli utensili, ci sono giorni e giorni di voli, di viaggi, di manifestazioni. Ci sono un sacco di cose che vanno messe in ordine.
Cosi parcheggio con cura l’aereo, e inizio a togliere tutto, ogni cosa ha il suo posto.
Quando ho quasi finito resta fuori il mio cosciale. Era appoggiato sull’ala, ho delle pagine rotte, alcune di plastica si sono staccate, l’inchiostro si è attaccato alla plastica, e ogni piagina di plastica era piena di procedure, di segni, di frequenze radio, di numeri.
Ho sorriso, da solo, in quell’hangar cosi silenzioso.

Ho capito cosa vogliono dire molte di quelle linee che avevi scritto tu tanti anni fa.

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